Lei, lui e Max

Lei gli aveva proposto di accompagnarlo in stazione, lui guardò su - Il cielo e l'incalzare dell'aria fredda non promettevano nulla di buono, poi guardò lei, sorrise e accettò molto volentieri.

Come un soldato che prima di lasciare il fronte spara la sua ultima cartuccia, inaspettatamente, lui, complice un abitacolo che in quel momento rappresentava il suo campo da battaglia, irruppe così nei pensieri di lei

Avrei voluto incontrarti prima

Prima quando? - fece lei, sorridendo.

Prima.
Prima di Max, prima del caso, prima di adesso, insomma.
Mi avrebbe fatto piacere provare a portarti accanto a me, portare i tuoi occhi a guardarmi in maniera differente da come mi guardano adesso.
La guardava diritto negli occhi, mentre le parlava, avrebbe voluto sistemarle un ciuffo di capelli dietro l'orecchio sinistro.
Lo avrebbe fatto dolcemente, pur conscio di correre il rischio di scottarsi.
La adorava.

Dai, mi stai mettendo in imbarazzo, lo sai bene, ed io dovrei andare, sta cominciando anche a piovere, Max deve uscire.

uno


Le parole sono lì, sospese.
Sopra le nostre teste, insieme al fumo di sigaretta.
Si mescolano al silenzio.
Rare gocce di pioggia prendono a picchiettare sul cristallo, lo precorrono in piccoli rivoli. Mille puntini colorati, mille scie luminose sulla strada, sulla città. Il mondo là fuori perde i suoi contorni, si sfuoca.  Diventa quasi misterioso.

Ho cercato di alleggerire. Per me, più che per lui. Ma sono turbata.
Sono turbata.
È così... così tanto visibile?
Mi pare di toccarla questa nuova tensione, una consistenza fisica – e delicatissima.  
Qui, alla base della nuca, tra cervelletto e prime vertebre.
Vi poso la mano, premo un po’ con i polpastrelli.
Abbasso gli occhi.
Respiro piano.
Più piano. Ad allontanare le parole dette.
Ho bisogno di tempo.
Quanto tempo? Quanto tempo per dimenticare l’odore di Federico ?

- sono… .-
Alzo di nuovo lo sguardo. Per un attimo, ancora un attimo, resto dentro al suo.
Gli sorrido, quasi grata. Mi fa sentire che sono viva.
Lentamente poso le mani sulle cosce, accarezzo il tessuto del trench, sfuocata anche dentro.

- sono ancora molto... molto sposata…- La  voce è appena percettibile.

due


Gli sorride.
l'aria è satura di odori di erba e tronchi e benzina, la nebbia sbiadisce tutt’intorno, come un notturno tra i canali del nord. Il cielo è attraversato da un rumore lontano di aereo.
Un flash: una grande vetrata che si spinge sul mare. Quanto tempo fa?
Tempo sospeso, immobile. Non ha ancora del tutto riassorbito.
Stava così male. Così tanto male che tutto la straziava.
E aveva creduto di poter dominare il corso della sua vita! Che ingenuità!

Alza gli occhi, lo guarda di nuovo. è come lo vedesse per la prima volta.
Un grumo sotto lo stomaco si scioglie: sente di dovere qualcosa a se stessa, ora.

Camminano accanto, il bar della stazione è affollato.
Davanti ad un bicchiere di coca cola, chiacchierano del più del meno.
Lei ascolta il suono della sua voce, guarda come muove le mani, cerca tra le pieghe del volto....
Il dialogo segue un doppio binario: le parole raccontano argomenti comuni,
gli occhi e il cuore sfiorano i contorni esili ed indefiniti di un sentimento appena intravisto. Fragile.

- … ciao… a domani… -
Senza voltarsi percorre il binario, sale in carrozza, si siede sulla poltrona dello scompartimento vuoto.
Chiude gli occhi.
Sorride a se stessa: la vita anche quando tu la maltratti, anche se non vuoi, vince. Vince sempre.
È più forte del dolore, più forte di tutto.
La vita è più forte

- Forse è l’inizio della felicità – pensa.
Gioca col cellulare.
Io lavoro, e penso a te. Torno a casa, e penso a te. gli telefono e intanto penso a te.
Passano nella mente.
Da dove vengono?